Impostosi negli anni ’60 con il coraggioso anticonformismo e la provocatoria dissacrazione borghese di film divenuti oggetti di culto, come I pugni i tascae La Cina è vicina, Bellocchio ha portato avanti un suo coerente quanto sempre problematico discorso volto ad affrontare i nodi dolenti e contraddittori della contemporaneità.
Regista dall’affilato sguardo laico, personalmente maturato dopo un’educazione scolastica cattolica che l’ha comunque sempre indotto a fare i conti con il rilievo del tema religioso nel nostro contesto socio-culturale (si pensi a L’ora di religione, 2001), Bellocchio ha modulato in un linguaggio filmico asciutto e acuminato la sua critica alle strutture sociali del potere: dalla famiglia alle istituzioni alla politica . Si passa dalla problematica legata ai manicomi e al servizio militare negli anni ’70 (Matti da slegaree Marcia trionfale), agli interessi psicoanalitici sottesi tra l’altro al tema dello stupro ne La condanna, Orso d’argento a Berlino nel 1991, al rapimento Moro (Buongiorno notte, 2003), al dramma rimosso del figlio non riconosciuto di Mussolini (Vincere, 2009), fino alla vicenda Englaro (La bella addormentata, 2012)e all’esemplarità politico-sociale del caso Buscetta de Il traditore (2019), per citare solo alcune tematiche emergenti.
Una voce, quella di Bellocchio, di straordinaria originalità nel panorama internazionale, come dimostrano i tanti premi ottenuti, compreso il Leone d’oro alla carriera ritirato nel 2011 a Venezia. Una voce mai corriva a suonar pifferi a chicchessia e che auspichiamo, sulla scia anche del Premio Internazionale “Viareggio-Versilia”, trovi ulteriori e meritatissimi riconoscimenti