Il Premio Internazionale Viareggio-Versilia, nato dalla volontà di Leonida Rèpaci di aprire il ‘Viareggio’ all’Europa e ai cittadini del mondo, nasce nel 1967 come riconoscimento attribuito «ad una personalità di fama mondiale che abbia speso la vita per la cultura, l’intesa tra i popoli, il progresso sociale, la pace». L’albo d’oro del Premio, inaugurato da Pablo Neruda e che annovera fra i molti altri i nomi di Alexandros Panagulis, Pietro Nenni, Gunther Grass, Altiero Spinelli, Gino Strada, Abraham Yehoshua, Arturo Paoli, si arricchisce oggi del tributo unanimemente assegnato dalla Giuria al Comune di Lampedusa e Linosa per il grande modello di solidarietà e di umana generosità messa quotidianamente in atto dai suoi abitanti, dai suoi amministratori, dal personale delle sue Capitanerie di porto in protratte situazioni drammatiche, lanciando a tutto il mondo un persuaso messaggio di rispetto dei diritti umani: un modello riconosciuto e premiato già dal Presidente Ciampi con il conferimento, nel 2004, della medaglia d’oro al merito civile.
In acque remote, le edeniche spiagge del Comune più meridionale d’Italia, universalmente celebrate per incontaminata bellezza, come la famosa spiaggia dei conigli, ove nidificano le tartarughe marine, si sono, a contrappasso, tramutate in approdo, scenario e simbolo di apocalittici viaggi della speranza, le cui icastiche immagini mediatiche sono restate impresse nella coscienza di ognuno attraverso stampa, radiotelevisione e film-documento quali Terraferma di Emanuele Crialese (2011) e Fuocoammare di Gianfranco Rosi (2016), vincitore dell’Orso d’oro al Festival di Berlino.
In un impietoso processo di “frontierizzazione”, Lampedusa è divenuta sinonimo per eccellenza di “confine”, avamposto di un’Europa che ancora in questi giorni, davanti all’isola di Ventotene, luogo di nascita negli anni quaranta del manifesto europeo di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, si è interrogata, per bocca della cancelliera tedesca, sui limiti della propria politica migratoria. Di fronte a questa Europa dagli inutili muri e dalle precarie recinzioni, tra i cui fili spinati emblematicamente a lungo agonizzano animali selvatici come cervi, lupi e orsi, si erge a tutt’oggi il luogo simbolo di Lampedusa: “sentinella” non solo ecologica di un ambiente marino in cui convivono flore e faune diverse, ma anche “sentinella”, nella sua piattaforma calcarea protesa verso la Tunisia, di una società umana geograficamente disegnata senza confini. A questo arduo ruolo, in un frangente politico e socio-culturale di perenne emergenza, le Isole Pelagie hanno saputo far fronte con la dignità e la sapienza di chi è nato e vive, come dice il nome greco di questo piccolo arcipelago, in alto mare: e dunque nel sito ancestrale di una simbiotica confluenza tra vita e morte.
[Simona Costa]