La giuria del premio Viareggio-Répaci ha deliberato all’unanimità di assegnare il premio per il giornalismo 2019 a Eugenio Scalfari, riconoscendo nello storico direttore dell’«Espresso» e nel fondatore e per vent’anni direttore di «Repubblica» uno dei protagonisti assoluti della storia del giornalismo italiano del secondo Novecento e del primo scorcio del XXI secolo.
A pochi altri giornalisti e scrittori come Eugenio Scalfari è stato riservato il destino e si dica pure il privilegio di attraversare oltre settant’anni di storia italiana occupando ininterrottamente una posizione di prima fila che il corso degli anni non ha scalfito, anzi, se possibile, accentuato.
Dall’adolescenza sanremese che ha segnato l’inizio della quarantennale amicizia con Italo Calvino alla partecipazione critica al mondo della pubblicistica giovanile fascista nell’imminenza del crollo del regime; dalla condivisione delle vicissitudini della sinistra liberale e poi radicale all’invenzione di un mestiere, quello del giornalista ‘economico’, non immemore della lezione di Luigi Einaudi, di Ernesto Rossi e, più tardi, di Guido Carli; dalla direzione dell’«Espresso» al non lungo impegno parlamentare come deputato socialista, l’esistenza di Eugenio Scalfari, della quale la fondazione di «Repubblica» ha costituito il decisivo coronamento, appare inseparabile da tutti gli snodi cruciali della vita civile italiana tra guerra e dopoguerra.
Non è ovviamente questo il luogo per ripercorrere analiticamente i passaggi più importanti di una biografia intellettuale chiaramente fuori dell’ordinario. Importa piuttosto registrare e segnalare con forza il rilievo di una ‘presenza’ culturale e politica che ha lasciato una traccia inconfondibile nella storia dell’Italia repubblicana e che dal 1976 a oggi ha accompagnato e accompagna, con uno stigma davvero inconfondibile, la sterminata famiglia dei suoi lettori, sollecitati giorno dopo giorno a fare i conti con i documenti innumerevoli e varî di una strenua, instancabile vocazione testimoniale capace sì di avvalersi di un ventaglio amplissimo di strumenti e di generi, ma obbediente, nel fondo, ai codici, liberamente scelti in anni lontani e mai contraddetti poi, del socialismo liberale.
Franco Contorbia
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