Nel suo romanzo Nicola Gardini dipinge un suggestivo ritratto della società italiana che comincia a smarrirsi alla vigilia di un decennio oscuro, gli anni Settanta, percorsi dalla violenza del terrorismo e dalla crisi economica e dunque destinati a lasciare un segno indelebile nella nostra storia come nella sensibilità dell’adolescente protagonista del romanzo, Chino. Il punto di vista molteplice e variegato scelto dall’autore è quello di un condominio, collocato a Milano, in via Icaro. Chino è il figlio della portinaia e percepisce la sua inferiorità sociale all’interno del microcosmo condominiale respirando però i sogni della mamma, che è certa di non voler essere portinaia per tutta la vita. La nuova inquilina Amelia Lynd, descritta da Chino come “un uccello nobile e variopinto” che arreca scompiglio nel pollaio-condominio governato dalle altre “galline” diventa lo strumento attraverso cui il ragazzo si avvicina alla cultura, alla meravigliosa arte delle parole e alla loro ricongiunzione col proprio significato.
Il libro è una metafora del volo, del desiderio di elevazione che non riesce, come nel mito di Icaro. Non riesce alle galline che non possono volare (le persone che abitano gli appartamenti di via Icaro, con le loro storie di ipocrisia, di egoismo e le ristrettezze di vedute); riuscirà forse a Chino che attraverso l’insegnamento di Amelia Lynd scopre l’amore e il potere seducente delle parole, che riportano in vita significati perduti e gli ideali.
Il romanzo di Gardini, mescolando gli ingredienti della commedia e della tragedia, è un invito per l’Italia di oggi a conoscere la propria lingua, a parlare volendo dire qualcosa, a ritrovare la corrispondenza tra le parole e il loro significato, corrispondenza messa in crisi dalla cultura di massa. Una esortazione a ricercare con forza il nucleo di verità che, come insegna Leopardi, è nelle parole; un invito a credere che la cultura ci possa ancora salvare.
Francesca Dini